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CSRD, la nuova direttiva europea sul reporting di sostenibilità aziendale

Scritto da Circularity | 23.05.2024

Il 1° gennaio 2024 è entrata in vigore la nuova direttiva europea sul reporting di sostenibilità aziendale (CSRD) e con essa si introduce l'utilizzo degli ESRS.

La CSRD, Corporate Sustainability Reporting Directive impone di divulgare informazioni sul modo in cui si affrontano le sfide sociali e ambientali nelle aziende. La Direttiva CSRD stabilisce le norme sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune grandi società.

L’obiettivo principale della proposta di direttiva è incrementare la quantità, la qualità e la comparabilità delle informazioni di sostenibilità che vengono divulgate dalle imprese e che possono essere utilizzate dagli investitori per integrare le strategie d’investimento e soddisfare gli obblighi di informativa verso la clientela. La nuova direttiva incide in modo significativo sulla finanza sostenibile, dal momento che la carenza di dati su fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) è uno dei temi che compromettono di più la capacità degli investitori di essere efficaci e trasparenti nell’integrazione della sostenibilità nelle proprie scelte d’investimento.

 

Chi sarà obbligato e come cambierà rispetto all’attuale normativa?

La Direttiva CSRD estende gli obblighi di rendicontazione di sostenibilità a tutte le imprese di grandi dimensioni, nonché a tutte le imprese con valori mobiliari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati, comprese quindi le PMI. Restano, quindi, escluse dall'obbligo le piccole, medie imprese non quotate.

 

- Tutte le imprese di grandi dimensioni, indipendentemente dal fatto che siano quotate o meno, che abbiano almeno due dei tre seguenti requisiti: €20 milioni di totale attivo, €40 milioni di fatturato o più di 250 addetti medi annui;

- Tutte le PMI quotate sui mercati europei a eccezione delle micro-imprese, cioè quelle con meno di 10 dipendenti e con fatturato o bilancio inferiore a €2 milioni.

Dal 2025, quindi, aumenterà gradualmente la platea di imprese che dovrà rendicontare l'impatto ambientale, sociale ed economico utilizzando criteri uniformi a livello europeo (da 11.000 a 49.000 imprese).

 

Quali saranno le principali novità?

  • L’obbligo di Assurance

I report di sostenibilità saranno assoggettati alla “limited assurance”, nella prospettiva di raggiungere la “reasonable assurance” (ovvero quella tipica del bilancio economico-finanziario). La Direttiva prevede che la revisione del report di sostenibilità venga effettuata da un accreditato «statutory auditor».

  • L’informativa di sostenibilità digitalizzata

Al fine di aumentare la diffusione delle informative di sostenibilità, le imprese saranno obbligate a rendere digitale l’informazione presente nei relativi report, utilizzando il linguaggio XHTML e il linguaggio di marcatura XBRL. Questo implicherà l’impiego di “tags” (etichette digitali) per la rendicontazione ESG.

  • La collocazione dell’informativa di sostenibilità

Le imprese dovranno includere l’informativa di sostenibilità all’interno della Relazione sulla Gestione e non in un documento a sé stante, al fine di garantire una maggiore integrazione tra informazioni di carattere finanziario e non.

  • Un unico standard di rendicontazione

Le imprese saranno tenute ad adottare un unico standard di rendicontazione ESRS (European Sustainability Reporting Standard), il cui sviluppo è demandato all’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group). Per le PMI saranno introdotti degli standard specifici, in modo da tener conto delle loro esigenze e caratteristiche

 

ESRS, gli standard europei per il reporting di sostenibilità

Per facilitare e omogeneizzare la rendicontazione di sostenibilità, l'European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) ha introdotto gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS). L'ESRS delineano le metriche che le aziende devono comunicare e le modalità di segnalazione per conformarsi ai requisiti di divulgazione CSRD.

Esistono in tutto 12 ESRS, che descrivono dettagliatamente le informazioni e le metriche relative alle questioni di sostenibilità in quattro categorie:

  • Trasversale: principi generali e informazioni generali.
  • Ambientale: cambiamenti climatici, inquinamento, risorse idriche e marine, biodiversità ed ecosistemi, utilizzo delle risorse ed economia circolare.
  • Sociale: parità di trattamento e pari opportunità, condizioni di lavoro, salute e sicurezza, rispetto dei diritti umani
  • Governo: etica aziendale e cultura d’impresa, la gestione e la qualità dei rapporti con i clienti, i fornitori e le comunità interessate

 

Sanzioni in caso di inadempienza

La CSRD impone agli Stati membri dell'UE di fare riferimento a un ente investigativo e di conformità che imponga sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Le sanzioni si basano su diversi fattori, tra cui la gravità e la durata delle violazioni e la situazione finanziaria dell'azienda. I singoli stati membri determinano le sanzioni per la mancata conformità al CSRD in base alle leggi statali pertinenti. Tutte le aziende devono tenersi aggiornate su eventuali modifiche legislative e di ottenere una consulenza legale per garantire la conformità ed evitare indagini e potenziali sanzioni.

 

Obblighi e sanzioni della CSDDD

La CSDDD o Corporate Sustainability Due Diligence Directive è una normativa europea, che si pone l’obiettivo di normare le grandi imprese e renderle legalmente responsabili di tutte le attività che possono generare un impatto ambientale o un impatto sociale non solo nei casi di responsabilità diretta ma in ambito dell’intera catena del valore sotto la loro supervisione.

Questo significa che sono comprese anche le attività di sviluppo del prodotti/servizio, l’estrazione delle materie prime, l’uso e lo smaltimento del prodotto. Comprende quindi fornitori e clienti.

La normativa CSDDD aggiunge quindi nuovi principi al concetto della sostenibilità aziendale, in aggiunta alla normativa CSRD.

Le aziende interessate (per adesso e fino a nuove normative solo grandi imprese) devono implementare nel piano di risk management i rischi relativi alla non compliance con la due diligence sulla catena del valore. Tutte le imprese parte di questa catena del valore dovranno inoltre, per rimanere competitive, sviluppare strategie di reporting di sostenibilità e reporting sugli impatti sociali delle proprie attività.