Economia circolare e rifiuti sono al centro delle priorità per le imprese. Se prima l’approccio alla gestione dei rifiuti si basava esclusivamente sullo schema “produzione-utilizzo-scarto” – con relativa sovrabbondanza di materia non riciclabile – ora i processi di circular economy si rivelano cruciali per promuovere un utilizzo più efficiente e consapevole delle risorse, tagliando al contempo sia la produzione di rifiuti che i relativi costi e facilitando la rigenerazione e rivalutazione degli scarti.
L’economia circolare è un innovativo modello di produzione e consumo in grado rigenerarsi autonomamente, ribaltando le logiche del più tradizionale sistema produttivo lineare.
Alla base di questo approccio ci sono le cosiddette 4R, ovvero recupero, riutilizzo, riparazione e riciclo: applicandole correttamente è possibile ottimizzare l’impiego delle risorse, ridurre il consumo di materie prime e rifiuti, nonché estendere il ciclo di vita dei prodotti.
La logica circolare supera infatti il concetto di “fine vita” del bene e consente la reintroduzione dello stesso nel ciclo produttivo.
Questo modello risponde appieno alla necessità di raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo Sviluppo Sostenibile e, più in generale, di tagliare il consumo di risorse a beneficio della sostenibilità e del rispetto del pianeta per le generazioni future. L’economia circolare è anche la base ideologica del Green Deal europeo, la roadmap messa in campo dall’Unione Europea per traghettare il Vecchio Continente verso un nuovo tipo di economia, rallentando il cambiamento climatico, ripristinando la perdita di biodiversità e abbattendo l’inquinamento ambientale. Un piano che, in termini concreti, si traduce (anche) in prescrizioni e norme sulla gestione dei rifiuti, con dirette conseguenze sulle attività di business delle imprese europee.
Tuttavia, applicare correttamente i principi dell’economia circolare si articola spesso in un percorso a ostacoli per quelle aziende che iniziano ad affacciarsi per la prima volta nel mondo della sostenibilità. Andiamo più nel dettaglio su quali sono le sfide più urgenti a cui le imprese devono far fronte e come poterle superare.
Anzitutto, la prima sfida che le imprese stanno affrontando è un vero e proprio cambio di modello. Passare dall’economia lineare a quella circolare implica una diversa gestione del rifiuto che dovrà considerare:
Un’impresa che adotta un modello circolare ottiene dei benefici concreti: diventa capace di ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili, riducendo i costi legati all’acquisto e stimolando l’innovazione sostenibile – un elemento chiave per consumatori e clienti sempre più attenti al versante ESG dei brand.
La normativa ambientale in tema di gestione rifiuti è stringente: non rispettarla significa esporsi a rischi di compliance con importanti risvolti penali. Per questo conoscere le prescrizioni legislative e trasformare i meri obblighi di legge in opportunità di new business è la seconda sfida che le imprese devono saper superare quando si parla di economia circolare e rifiuti.
In questo quadro è cruciale affidarsi a esperti che possano orientare l’impresa verso gli strumenti giusti per raggiungere i propri obiettivi di circolarità. Il supporto di un consulente qualificato - perfettamente allineato allo status quo normativo - può essere determinante, ad esempio, nella corretta qualifica dei residui di processo come sottoprodotti, nella redazione delle pratiche amministrative per la relativa scheda tecnica secondo i requisiti dell’art.184-bis (D.Lgs n.152/2006) e nell’individuazione dell’impianto di trattamento più idoneo.
Ma altrettanto importante è godere di questo stesso supporto nel caso in cui l’impresa intenda investire sul fronte della circolarità. A questo scopo sono infatti a disposizione gli strumenti offerti dalla Missione 2 del PNRR, che offre finanziamenti per progetti di economia circolare e gestione degli scarti volti, ad esempio, al potenziamento della raccolta differenziata o agli impianti di trattamento dei materiali raccolti.
Come riportato dall’ultima edizione dell’Osservatorio CleanTech, il 62% delle aziende da 10 a 250 dipendenti afferma di “conoscere bene” il tema della circolarità. In questo quadro, il 68% ha scelto di puntare risorse sull’efficientamento energetico, mentre il 64% ha optato per l’approvvigionamento di materiali riciclati.
Davanti a questo crescente impegno, la rendicontazione di sostenibilità si conferma sempre più come un tassello cruciale nella strategia ESG del business poiché fornisce una panoramica trasparente di azioni e performance aziendali in termini di circolarità e sostenibilità, abilitando una valutazione puntuale dello stato dei lavori.
In questa prospettiva, è importante cambiare il punto di vista interno rispetto ai nuovi obblighi di rendicontazione non finanziaria stabiliti dall’UE per le imprese con più di 250 dipendenti e un fatturato che supera i 40 milioni di euro: non si tratta solo di un onere, ma di uno strumento preziosissimo e accurato per valorizzare i risultati ottenuti dall’azienda rispetto ai criteri ESG.
In questo modo è possibile consolidare la reputazione aziendale senza cadere nel greenwashing.
Quando si tratta di economia circolare e rifiuti, è ormai appurato che avere piena consapevolezza del destino dei propri materiali di scarto – tramite dati precisi, KPI mirati e misurazioni accurate su questo fronte – rappresenta un valore aggiunto per l’impresa. Su questa base, è possibile infatti comunicare efficacemente agli stakeholder i progressi compiuti sulla riduzione dell’impiego di materie prime vergini e sull’abbattimento dei gas climalteranti generati da attività aziendali.