Extended Producer Responsibility, ovvero Responsabilità Estesa del Produttore(EPR): bastano tre parole per descrivere una delle più importanti svolte che le politiche ambientali europee abbiano subìto negli ultimi decenni.
Il principio, diventato nel tempo un cardine della strategia comunitaria, ha infatti per la prima volta espanso la responsabilità del produttore del bene oltre il perimetro produttivo, obbligando di fatto chi produce, importa o immette un bene sul proprio territorio nazionale ad assumersi la responsabilità finanziaria, o quella finanziaria e operativa, del corretto fine vita del prodotto una volta diventato rifiuto.
La filosofia che sta alla base di questa impostazione è estremamente pragmatica: i migliori risultati ambientali, secondo il principio della Responsabilità Estesa del Produttore, si possono ottenere infatti quando i produttori, piuttosto che le amministrazioni locali, sono ritenuti responsabili del costo della sostenibilità.
Definito formalmente come “chi immette per primo, nel Paese applicabile, un prodotto soggetto ai requisiti del programma EPR, sia che lo produca nel proprio Paese sia che lo importi”, il produttore si trova a dover rispondere anche della fase di post consumo del bene. In altre parole, risponde non solo del suo operato ma anche di eventuali comportamenti illeciti del soggetto cui conferisce o trasferisce immediatamente il rifiuto, qualora non adempia a determinati obblighi di controllo.
In Europa, i sistemi di Responsabilità Estesa del Produttore sono stati introdotti per la prima volta negli anni ‘90. Uno dei primi campi di applicazione del principio è stato in particolare il contesto degli imballaggi, ai cui produttori è stato attribuito l’obbligo di garantire che i rifiuti di questi materiali siano raccolti, riciclati e smaltiti in modo corretto ed efficiente.
Per promuovere la gestione sostenibile degli imballaggi, l’Unione Europea ha adottato una serie di direttive: sulla base delle normative comunitarie, alcuni Paesi hanno previsto un sistema unico di gestione, privato o pubblico, mentre altre nazioni hanno adottato sistemi più orientati alla dimensione privata.
Nel novembre 2022, la Commissione europea ha presentato poi una proposta di regolamento europeo per la gestione degli imballaggi, con la definizione di obiettivi vincolanti per la raccolta, il riciclaggio e il recupero al fine di raggiungere un tasso di riciclaggio del 70% entro il 2030.
L’idea di ripartire i costi su una pluralità di soggetti coinvolti a vario titolo nella filiera produttiva e distributiva del prodotto, come previsto dal principio EPR, sembra essersi dimostrato efficace nel promuovere la gestione sostenibile dei rifiuti e nell’incentivare i produttori a progettare prodotti sostenibili che prevengano la generazione dei relativi rifiuti a fine vita.
Per questa ragione, negli ultimi decenni i sistemi di Responsabilità Estesa del Produttore sono stati applicati anche in altri settori: dai prodotti elettronici ai veicoli, sino a pneumatici, batterie, farmaci e prodotti chimici. Importante considerare che la normativa EPR guarda anche a e-commerce e marketplace dedicati.
In recepimento di due delle quattro direttive del «Pacchetto Economia Circolare” dell’Unione Europea, dal 2020 in Italia è in vigore il D.Lgs. 116/2020. Il decreto è intervenuto profondamente sul T.U.A. e, con i nuovi artt. 178-bis e 178-ter, ha istituito i regimi di Responsabilità Estesa del Produttore anche nel nostro Paese.
Che cosa deve dunque fare un produttore italiano per evitare di incorrere in sanzioni?
La principale innovazione introdotta in materia di EPR ha riguardato l’istituzione di un Registro Nazionale dei Produttori, al quale sono chiamati ad iscriversi tutti i soggetti sottoposti al nuovo regime di responsabilità e nell’ambito del quale saranno previste sanzioni amministrative e pecuniarie nel momento in cui si verificasse la mancata o incompleta trasmissione dei dati.
A tale fine, sul produttore ricadono oneri specifici quali:
Per quanto riguarda la responsabilità finanziaria, invece, l’attenzione viene posta sulla definizione del modello di attribuzione del costo, che dovrà rispettare i criteri di trasparenza verso i consumatori e di equilibrio in termini di competitività sul mercato, senza però essere addossato alla collettività.
In Italia, la maggior parte dei produttori che immettono un prodotto nel mercato rispettano il principio EPR tramite consorzi nazionali ai quali, dietro un pagamento di un contributo economico prestabilito annualmente (Contributo Ambientale) che permette di sostenere economicamente la filiera di gestione, viene delegata la responsabilità di occuparsi del prodotto al fine vita.
Per ottenere la velocità, la visibilità e la sofisticazione necessarie per raggiungere gli obiettivi di EPR e sostenibilità, un’opzione particolarmente evoluta prevede il ricorso a soluzioni software innovative per l’economia circolare delle filiere.
Una piattaforma tecnologica può ad esempio aiutare ad individuare i partner più virtuosi sul territorio e definire accordi industriali e commerciali per la gestione circolare della materia in tutte le fasi, introducendo l’azienda in un network in grado di generare un concreto vantaggio economico e ambientale.