In un contesto economico, climatico e normativo in continua evoluzione, i rischi legati al cambiamento climatico stanno diventando fattori determinanti per la sopravvivenza e la competitività delle imprese. L’aumento di eventi climatici estremi, l’inasprimento delle normative e le trasformazioni della supply chain pongono sfide cruciali al sistema aziendale.
In questo scenario, il framework TCFD – Task Force on Climate-related Financial Disclosures – si impone come lo standard di riferimento per identificare, valutare e comunicare in modo trasparente rischi e opportunità climatici.
Da reazione a previsione: costruire una cultura del rischio
Il cambiamento climatico sta generando una crescente frequenza e intensità di eventi estremi – tra cui inondazioni, ondate di calore, siccità e incendi – con conseguenze economiche significative. Secondo l’European Environment Agency (EEA), dal 1980 al 2023, si stima che i danni economici causati da eventi climatici estremi in Europa ammontano 738 miliardi di euro. Di queste, oltre 162 miliardi di euro (22%) si sono verificate tra il 2021 e il 2023, con gli ultimi tre anni tra i cinque peggiori per perdite annuali.
Fonte: European Environmental Agency - Annual economic losses caused by weather - and climate - related extreme events in the EU Member States
Il Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC (AR6, 2023) conferma che l’Europa è tra le regioni più colpite dagli impatti economici del cambiamento climatico, anche a causa della forte concentrazione di infrastrutture e attività economiche in aree vulnerabili come le zone costiere o agricole.
In Italia, il 2023 ha visto oltre 378 eventi climatici estremi (fonte: Legambiente), con danni ingenti a settori chiave come agricoltura, trasporti e turismo. A fronte di tali numeri, la valutazione preventiva del rischio climatico diventa uno strumento essenziale di tutela economica.
Tradizionalmente percepiti come una questione ambientale, i cambiamenti climatici si sono ormai trasformati in rischi trasversali per la finanza e la reputazione aziendale. L'inasprimento normativo (CSRD, SFDR), la pressione da parte degli investitori e la crescente sensibilità dei consumatori stanno rendendo la gestione climatica un fattore determinante per il valore d'impresa.
Le agenzie di rating e i fondi ESG valutano sempre più le performance ambientali e la capacità delle aziende di affrontare i rischi di transizione (nuove norme, carbon pricing, evoluzione tecnologica) e fisici (danni diretti a siti produttivi, interruzione della supply chain). Un'impresa impreparata può perdere accesso al credito, subire una svalutazione dei propri asset e compromettere la fiducia di clienti e stakeholder.
Il quadro normativo in evoluzione
La transizione verso un’economia climaticamente sostenibile è diventata un pilastro delle politiche europee e globali. A partire dall’Accordo di Parigi del 2015, l’Unione Europea ha costruito un quadro normativo articolato per indirizzare capitali e strategie aziendali verso obiettivi ambientali concreti.
Questa spinta normativa ha preso forma in una serie di regolamenti sempre più vincolanti, tra cui tre strumenti cardine: la CSRD, la SFDR e la Tassonomia UE.
In pratica:
La CSRD obbliga alla disclosure ESG
La SFDR richiede trasparenza finanziaria sugli ESG
La EU Taxonomy stabilisce quali investimenti sono sostenibili
Il framework TCFD si pone come la base tecnica e concettuale che permette alle imprese di rispondere in modo coerente a tutte queste direttive.
Analisi di scenari: come prepararsi a diversi futuri possibili
Nel contesto del cambiamento climatico, il framework TCFD distingue due categorie fondamentali di rischio, entrambe con potenziali impatti significativi sul valore e sull’operatività delle imprese:
I Rischi fisici derivano direttamente dagli impatti del cambiamento climatico sull’ambiente e sulle infrastrutture economiche. Si dividono in:
I Rischi di transizione invece, riguardano le conseguenze economiche e sociali del processo di transizione verso un’economia low-carbon. Si articolano in:
Secondo il Network for Greening the Financial System (NGFS), l’inazione climatica potrebbe ridurre il PIL globale fino al 18% entro il 2050 (scenari ad alte emissioni), mentre una transizione ordinata ridurrebbe i rischi sistemici senza compromettere la crescita economica.
l framework TCFD rappresenta oggi lo standard globale più riconosciuto per la valutazione e comunicazione dei rischi climatici. La sua applicazione non è solo un esercizio di compliance, ma un’opportunità per rafforzare la resilienza, attrarre investitori e orientare il business verso un futuro sostenibile. Implementarlo significa rendere la sostenibilità una leva concreta di valore e competitività.
La decarbonizzazione come vantaggio competitivo
In un mercato in rapida transizione verso modelli a basse emissioni, le imprese che riducono l’intensità carbonica delle proprie attività migliorano l’efficienza operativa, attraggono investitori orientati all’ESG e si posizionano come partner affidabili in filiere sostenibili.
Secondo il report CDP Global Supply Chain 2023, oltre il 70% delle grandi aziende intervistate ha già inserito criteri di riduzione delle emissioni nella selezione dei fornitori. Inoltre, le imprese “climate proactive” godono di un maggiore accesso a capitali green e linee di credito agevolate, in quanto considerate meno esposte ai rischi di transizione.
Perché conviene decarbonizzare?
Accesso al capitale: gli investitori istituzionali prediligono aziende con target di riduzione delle emissioni chiari e verificabili. Secondo PRI (Principles for Responsible Investment), oltre l’80% dei gestori patrimoniali considera il rischio climatico un fattore decisionale.
Riduzione dei costi: l’efficienza energetica e l’adozione di tecnologie low-carbon consentono di tagliare costi operativi e aumentare la resilienza.
Vantaggio competitivo: i brand con strategie climatiche trasparenti attraggono talenti, clienti e stakeholder sensibili al tema. Il 75% dei consumatori millennial dichiara di preferire aziende impegnate sul fronte ambientale (Fonte: Nielsen).
La decarbonizzazione rappresenta una risposta strategica ai rischi di transizione – come l’introduzione della carbon tax, l’inasprimento delle normative ambientali o l’obsolescenza tecnologica – e allo stesso tempo apre nuove opportunità di sviluppo: dall’accesso a strumenti finanziari sostenibili (es. green bond) all’ingresso in filiere a zero emissioni, sempre più richieste da clienti e investitori.
In questo contesto si inserisce il nostro servizio di Valutazione dei Rischi Climatici secondo il framework TCFD, progettato per aiutare le organizzazioni a comprendere e gestire le implicazioni fisiche e di transizione legate al cambiamento climatico.
Il nostro approccio è personalizzato, per adattarsi a settore, scala e maturità ESG dell’azienda; multidisciplinare, grazie a un team che unisce competenze ambientali, economiche e tecnico-scientifiche; basato su dati e scenari riconosciuti a livello internazionale.
Il percorso di valutazione si articola in quattro fasi, costruite per riflettere la complessità dell’organizzazione e fornire indicazioni strategiche concrete:
Questo percorso consente all’azienda di passare da una visione reattiva a una gestione proattiva del rischio climatico, strutturata e dimostrabile.
Le imprese che sapranno integrare la sostenibilità climatica nei propri modelli di business non solo saranno più resilienti agli shock futuri, ma avranno anche maggiori possibilità di attrarre investitori, accedere a nuovi mercati e rafforzare il proprio posizionamento competitivo.
Circularity è al fianco delle aziende che vogliono intraprendere questo percorso con serietà e visione, offrendo competenze, strumenti e supporto su misura per trasformare i rischi climatici in opportunità di crescita.