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Valutazione dei Rischi Climatici: L’approccio TCFD

Scritto da Circularity | 18.06.2025

In un contesto economico, climatico e normativo in continua evoluzione, i rischi legati al cambiamento climatico stanno diventando fattori determinanti per la sopravvivenza e la competitività delle imprese. L’aumento di eventi climatici estremi, l’inasprimento delle normative e le trasformazioni della supply chain pongono sfide cruciali al sistema aziendale. 

In questo scenario, il framework TCFD – Task Force on Climate-related Financial Disclosures – si impone come lo standard di riferimento per identificare, valutare e comunicare in modo trasparente rischi e opportunità climatici

 

Da reazione a previsione: costruire una cultura del rischio

Il cambiamento climatico sta generando una crescente frequenza e intensità di eventi estremi – tra cui inondazioni, ondate di calore, siccità e incendi – con conseguenze economiche significative. Secondo l’European Environment Agency (EEA), dal 1980 al 2023, si stima che i danni economici causati da eventi climatici estremi in Europa ammontano 738 miliardi di euro. Di queste, oltre 162 miliardi di euro (22%) si sono verificate tra il 2021 e il 2023, con gli ultimi tre anni tra i cinque peggiori per perdite annuali.

Fonte: European Environmental Agency - Annual economic losses caused by weather - and climate - related extreme events in the EU Member States

 

Il Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC (AR6, 2023) conferma che l’Europa è tra le regioni più colpite dagli impatti economici del cambiamento climatico, anche a causa della forte concentrazione di infrastrutture e attività economiche in aree vulnerabili come le zone costiere o agricole. 

In Italia, il 2023 ha visto oltre 378 eventi climatici estremi (fonte: Legambiente), con danni ingenti a settori chiave come agricoltura, trasporti e turismo. A fronte di tali numeri, la valutazione preventiva del rischio climatico diventa uno strumento essenziale di tutela economica. 

Tradizionalmente percepiti come una questione ambientale, i cambiamenti climatici si sono ormai trasformati in rischi trasversali per la finanza e la reputazione aziendale. L'inasprimento normativo (CSRD, SFDR), la pressione da parte degli investitori e la crescente sensibilità dei consumatori stanno rendendo la gestione climatica un fattore determinante per il valore d'impresa

Le agenzie di rating e i fondi ESG valutano sempre più le performance ambientali e la capacità delle aziende di affrontare i rischi di transizione (nuove norme, carbon pricing, evoluzione tecnologica) e fisici (danni diretti a siti produttivi, interruzione della supply chain). Un'impresa impreparata può perdere accesso al credito, subire una svalutazione dei propri asset e compromettere la fiducia di clienti e stakeholder. 

Il quadro normativo in evoluzione

La transizione verso un’economia climaticamente sostenibile è diventata un pilastro delle politiche europee e globali. A partire dall’Accordo di Parigi del 2015, l’Unione Europea ha costruito un quadro normativo articolato per indirizzare capitali e strategie aziendali verso obiettivi ambientali concreti. 

Questa spinta normativa ha preso forma in una serie di regolamenti sempre più vincolanti, tra cui tre strumenti cardine: la CSRD, la SFDR e la Tassonomia UE.

In pratica:  

  • La CSRD obbliga alla disclosure ESG 

  • La SFDR richiede trasparenza finanziaria sugli ESG 

  • La EU Taxonomy stabilisce quali investimenti sono sostenibili

Il framework TCFD si pone come la base tecnica e concettuale che permette alle imprese di rispondere in modo coerente a tutte queste direttive. 

Analisi di scenari: come prepararsi a diversi futuri possibili  

Nel contesto del cambiamento climatico, il framework TCFD distingue due categorie fondamentali di rischio, entrambe con potenziali impatti significativi sul valore e sull’operatività delle imprese: 

I Rischi fisici derivano direttamente dagli impatti del cambiamento climatico sull’ambiente e sulle infrastrutture economiche. Si dividono in: 

 


I Rischi di transizione invece, riguardano le conseguenze economiche e sociali del processo di transizione verso un’economia low-carbon. Si articolano in: 

Secondo il Network for Greening the Financial System (NGFS), l’inazione climatica potrebbe ridurre il PIL globale fino al 18% entro il 2050 (scenari ad alte emissioni), mentre una transizione ordinata ridurrebbe i rischi sistemici senza compromettere la crescita economica. 

l framework TCFD rappresenta oggi lo standard globale più riconosciuto per la valutazione e comunicazione dei rischi climatici. La sua applicazione non è solo un esercizio di compliance, ma un’opportunità per rafforzare la resilienza, attrarre investitori e orientare il business verso un futuro sostenibile. Implementarlo significa rendere la sostenibilità una leva concreta di valore e competitività. 

La decarbonizzazione come vantaggio competitivo 

In un mercato in rapida transizione verso modelli a basse emissioni, le imprese che riducono l’intensità carbonica delle proprie attività migliorano l’efficienza operativa, attraggono investitori orientati all’ESG e si posizionano come partner affidabili in filiere sostenibili. 

Secondo il report CDP Global Supply Chain 2023, oltre il 70% delle grandi aziende intervistate ha già inserito criteri di riduzione delle emissioni nella selezione dei fornitori. Inoltre, le imprese “climate proactive” godono di un maggiore accesso a capitali green e linee di credito agevolate, in quanto considerate meno esposte ai rischi di transizione. 

Perché conviene decarbonizzare? 

  • Accesso al capitale: gli investitori istituzionali prediligono aziende con target di riduzione delle emissioni chiari e verificabili. Secondo PRI (Principles for Responsible Investment), oltre l’80% dei gestori patrimoniali considera il rischio climatico un fattore decisionale. 

  • Riduzione dei costi: l’efficienza energetica e l’adozione di tecnologie low-carbon consentono di tagliare costi operativi e aumentare la resilienza. 

  • Vantaggio competitivo: i brand con strategie climatiche trasparenti attraggono talenti, clienti e stakeholder sensibili al tema. Il 75% dei consumatori millennial dichiara di preferire aziende impegnate sul fronte ambientale (Fonte: Nielsen). 

La decarbonizzazione rappresenta una risposta strategica ai rischi di transizione – come l’introduzione della carbon tax, l’inasprimento delle normative ambientali o l’obsolescenza tecnologica – e allo stesso tempo apre nuove opportunità di sviluppo: dall’accesso a strumenti finanziari sostenibili (es. green bond) all’ingresso in filiere a zero emissioni, sempre più richieste da clienti e investitori. 

In questo contesto si inserisce il nostro servizio di Valutazione dei Rischi Climatici secondo il framework TCFD, progettato per aiutare le organizzazioni a comprendere e gestire le implicazioni fisiche e di transizione legate al cambiamento climatico

Il nostro approccio è personalizzato, per adattarsi a settore, scala e maturità ESG dell’azienda; multidisciplinare, grazie a un team che unisce competenze ambientali, economiche e tecnico-scientifiche; basato su dati e scenari riconosciuti a livello internazionale. 

Il percorso di valutazione si articola in quattro fasi, costruite per riflettere la complessità dell’organizzazione e fornire indicazioni strategiche concrete: 

Questo percorso consente all’azienda di passare da una visione reattiva a una gestione proattiva del rischio climatico, strutturata e dimostrabile. 

Le imprese che sapranno integrare la sostenibilità climatica nei propri modelli di business non solo saranno più resilienti agli shock futuri, ma avranno anche maggiori possibilità di attrarre investitori, accedere a nuovi mercati e rafforzare il proprio posizionamento competitivo. 

Circularity è al fianco delle aziende che vogliono intraprendere questo percorso con serietà e visione, offrendo competenze, strumenti e supporto su misura per trasformare i rischi climatici in opportunità di crescita.