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Emissioni Scope 1 2 3: come funziona la rendicontazione

Scritto da Circularity | 26.09.2023

L’Italia ha ridotto le sue emissioni climalteranti (GHG o emissioni Scope 1 2 3) annue, calcolate in termini di CO2 equivalente, da 521 a 418 milioni di tonnellate nel periodo 1990-2021, secondo l’ultimo rapporto Ispra. Una notizia senz’altro positiva, ma gli obiettivi di neutralità carbonica che il nostro Paese si è posto per il 2030, come previsto dai target europei, sono particolarmente sfidanti.

Dunque, le imprese di tutti i settori sono chiamate – e, sempre più spesso, sospinte dalla normativa ESG - a dare il proprio contributo, riducendo la propria quantità di emissioni. Ma anche in assenza precise prescrizioni di legge, portare avanti un percorso di questo tipo assicura dei vantaggi: un elevato livello di emissioni di GHG è infatti associabile a costi aziendali più elevati - ad esempio, è indice della dipendenza dall’approvvigionamento di costose fonti fossili per il fabbisogno energetico.

È quasi superfluo ricordare che, in un mercato sempre più sensibile e attento alle problematiche ambientali, l’avvio di strategie tese alla riduzione delle emissioni Scope 1 2 3 può potenziare l’immagine e la reputazione aziendale presso clienti e fornitori. Il primo passo, naturalmente, è rendicontare.


Emissioni scope 1 2 3: cosa sono

Il punto di partenza è la misurazione delle emissioni, che in termini tecnici viene chiamata rendicontazione. Stabilire esattamente dove e quanto siano prodotti i gas climalteranti è la chiave per identificare le migliori opportunità di riduzione della CO2. In questo senso occorre sottolineare come, a partire dall’emanazione del Protocollo di Kyoto in poi, le emissioni vengono suddivise in tre diverse categorie chiamate Scope 1 2 e 3.

  • Scope 1. Con questo termine si fa riferimento alle emissioni di gas a effetto serra prodotte direttamente da un’organizzazione, ad esempio quelle generate dalla combustione di combustibili fossili nei processi di produzione o dai trasporti aziendali.
  • Scope 2. Il termine indica le emissioni indirette prodotte dall'energia elettrica acquistata. Queste emissioni sono considerate "indirette" perché non sono frutto di azioni dirette, ma contribuiscono alla produzione di gas climalteranti.
  • Scope 3. Con questo termine si sottintendono le emissioni indirette derivanti dalle attività dell'azienda, ma che sono al di fuori del suo controllo diretto. In particolare, le emissioni di Scope 3 sono legate alle attività della supply chain, come il trasporto dei prodotti finiti e i processi di smaltimento dei rifiuti.

Il senso di questa distinzione è chiaro. Non è realmente possibile ridurre le emissioni climalteranti impegnandosi soltanto su quelle relative ai propri processi e trascurando tutto il resto.


Emissioni Scope 1 2 3, il ruolo di ISO 14064

Ma quali sono le procedure corrette da attuare per un’azienda che desidera intraprendere un efficace percorso di rendicontazione e riduzione delle proprie emissioni climalteranti? Il punto di riferimento è qui la certificazione ISO 14064, ovvero una norma internazionale che stabilisce le linee guida per la misurazione, la gestione e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra a livello aziendale. La norma è stata sviluppata per aiutare le organizzazioni a valutare e gestire in modo efficace le loro emissioni Scope 1 2 3, nonché per fornire un quadro per la comunicazione trasparente delle informazioni alle parti interessate.

Più nel dettaglio, la certificazione ISO 14064 si compone di tre parti.

  • Parte 1. Specifica i requisiti per la progettazione e lo sviluppo di un inventario GHG.
  • Parte 2. Fornisce linee guida per la valutazione delle prestazioni di un'organizzazione in relazione alle emissioni Scope 1 2 3.
  • Parte 3. Stabilisce linee guida per la gestione delle attività di progetto relative alla riduzione delle emissioni.

L’intera certificazione fa riferimento ad alcuni principi cardine. Tra questi c’è, ad esempio, quello della trasparenza, che presuppone la divulgazione di informazioni relative ai GHG sufficienti ed appropriate in modo da consentire decisioni strategicamente ragionate, così come quello della conservatività - vale a dire, usare ipotesi, valori e procedure conservative per garantire che le riduzioni delle emissioni o gli aumenti delle rimozioni di GHG non siano sovrastimati. Non meno importante è il principio della completezza, che sottolinea l’importanza di includere tutte le emissioni e rimozioni di GHG, nonché tutte le informazioni rilevanti a supporto dei criteri e delle procedure.

Fonti consultate: