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Valutazione fornitori: come misurare le performance ESG

Scritto da Circularity | 29.08.2023

La valutazione dei fornitori in ottica ESG rappresenta il tassello centrale di tutti i più avanzati approcci al Sustainability Management. L’impegno a migliorare la propria sostenibilità ambientale e sociale non è infatti più sufficiente: oggi ogni impresa è chiamata a dimostrare di poter andare oltre, facendosi responsabile della promozione e della diffusione della sostenibilità lungo tutta la filiera.

Per raggiungere questo obiettivo, l’azienda deve diventare un “garante” dell’intera supply chain: grazie a strumenti e soluzioni dedicate, diventa in grado di valutare e monitorare la virtuosità ESG della catena di fornitura, assicurando così che anche i fornitori migliorino le proprie performance – anche in ottica di tracciabilità.


Valutazione fornitori e ESG: cosa analizzare 

Come si valutano le prestazioni ESG dei fornitori? Data la pressione esercitata da norme e best practice di sostenibilità indicate da istituzioni internazionali, governi e agenzie indipendenti, le imprese devono essere in grado di valutare con precisione l’insieme dei soggetti che fanno parte della catena di approvvigionamento, mediante un approccio che tenga conto di tutti i criteri ESG. Si tratta per questo di un processo a più step, che deve fondarsi su un metodo rigoroso e obiettivo


1. Raccolta e analisi delle informazioni per la valutazione della supply chain

L’iter prende il via con la raccolta delle informazioni per la valutazione dei fornitori. In particolare, la supply chain deve essere analizzata secondo 4 punti di vista ESG:

  • Environment;
  • Social;
  • Governance;
  • Emissioni Scope 3.

I dati raccolti provengono in genere da questionari che i supplier sono chiamati a compilare, allegando certificazioni ambientali e documenti ufficiali a conferma della veridicità di quanto dichiarato. Le risposte possono essere poi integrate con ulteriori supporti: si pensi ai report delle visite di auditing e ai bilanci di sostenibilità.


2. Valutazione ESG in autonomia o in outsourcing

Una volta ottenute le informazioni, l’organizzazione si trova ad affrontare lo step più complicato: la valutazione ESG del fornitore. Le modalità di azione sono due:

  • l’analisi autonoma dei dati raccolti;
  • il ricorso a un ESG Information Provider.

Nel primo caso, considerata l’importanza che l’analisi sia attendibile e obiettiva, l’impresa dovrà dotarsi di una piattaforma e delle tecnologie più adeguate. Dovrà quindi mettere in campo un sistema di valutazione interno, eventualmente raggiungendo il necessario livello di personalizzazione della procedura. Nel secondo caso, la valutazione è affidata al partner, il quale si avvale di procedure certificate, sistemi ad hoc e informazioni di rating per restituire all’azienda un report dettagliato delle performance di sostenibilità dei fornitori.


3. Definizione dei rischi ESG per fornitore

Una volta ottenuta una corretta valutazione del portafoglio fornitori, l’azienda dispone di un quadro preciso del livello di rischio dei singoli partner. In tal modo, può decidere se e come intraprendere con loro un rapporto commerciale. Nel caso in cui un fornitore presenti dati ESG “problematici” ma sia comunque considerato essenziale per il core business, l’impresa potrebbe supportarlo nella ricerca di fonti alternative sulle tre aree della sostenibilità. Diversamente, l’impresa può semplicemente valutare l’ipotesi di identificare altre opzioni di fornitura a basso rischio, “scremando” così la rete di fornitori con credenziali meno solide.

In questo modo, è possibile predisporre una supply chain sostenibile. Difatti, la valutazione delle performance dei fornitori non rappresenta solo un tassello cruciale dell’identità ESG dell’impresa, ma può anche rivelarsi uno strumento importante per la creazione di una supply chain sempre più green e resiliente, capace di promuovere la sostenibilità a tutti i livelli.